venerdì 30 marzo 2018

U fucarazze del Venerdì Santo

Un momento molto toccante della processione del Venerdì Santo è quando si arriva a Sant'Antonio, sulla spiaggia brucia un grande fucarazze che illumina la notte e i cuori delle persone.
Nei giorni precedenti i ragazzi si danno da fare per prepararlo...tutto deve essere pronto...
Un tempo se ne preparavano anche in altri quartieri come sulla Parata, a Giancos ma quello più grande e più importante restava quello di Sant'Antonio.
Anche u fucarazze fa parte delle antiche tradizioni di Ponza che non bisogna perdere.



U fucarazze sulla spiaggia di Sant'Antonio

(Foto di Carlo Ponzi)

La preparazione del fucarazze

(Foto di Rossano Di Loreto)






U fucarazze di tanti anni fa

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

martedì 27 marzo 2018

La Settimana Santa attraverso i miei ricordi

Nei giorni che precedevano la Pasqua, a Ponza, nell'aria si sentivano i profumi di casatièlle e pastiere che le signore portavano a cuocere nei forni della zona.
Mia madre impastava una bella quantità di casatièlle in una scafarèje e ricordo ancora la forza che metteva. Poi divideva l'impasto nei ruoti e li metteva a lievitare nel posto più caldo della casa magari con qualche coperta sopra.
Appena lievitati noi ragazzine portavamo i ruoti avvolti nei canovacci, una sorta di mappatèlle, giù dal fornaio Temistocle, in via Corridoio. Ogni ruoto all'interno del bordo aveva il nome della famiglia che li portava ad infornare.
Quando portavamo a casa i casatièlle il profumo era inebriante...non vedevamo l'ora di assaggiare.
Ma dovevamo aspettare...
Il clou della Settimana Santa era la parte religiosa con la processione del Cristo morto e dell'Addolorata. Il momento più toccante era l'incontro tra Maria Addolorata e suo Figlio che a quel tempo avveniva sulla Punta Bianca.
La processione con l'Addolorata passava per la Parata, poi gli Scarpellini e scendeva sulla Punta Bianca. Ho ancora in mente i canti di Monsignor Dies.
Intanto un grande fucarazze  sulla spiaggia di Sant'Antonio illuminava la notte del venerdì santo.


In via Corridoio aveva il forno Temistocle
(Estate 2016)



Casatièlle  ponzese è dolce rispetto a quello napoletano



La statua dell'Addolorata



Il Cristo morto



La processione in Corso Pisacane



U fucarazze sulla spiaggia di Sant'Antonio

(Foto di Carlo Ponzi, 2015)

Nota:
Ruoto: teglia circolare per cuocere i dolci
Scafarèje: era un recipiente in cui si impastava, si pigiava
Casatièlle: dolce pasquale
Fucarazze: falò
Mappatèlla: roba avvolta in un canovaccio annodato



domenica 25 marzo 2018

Donne dell'Ottocento: la mia bisnonna Agnese

La mia bisnonna materna, Agnese Vitiello, è vissuta a cavallo di due secoli...

Figlia di Luigi Vitiello e Angela Maria Mazzella, nacque a Ponza nel 1845 e sposò Placido Conte, un contadino di sopra i Conti.
Suo nonno era Nicola Vitiello che si diede un gran da fare nella scena ponzese dell'Ottocento.
Agnese e Pacido abitavano in una casa di campagna dove poi in seguito abitò anche mio nonno.
Nonna Agnese diede alla luce ben quattordici figli però quattro morirono in tenera età.
Nell'Ottocento la vita era dura, la mortalità infantile era alta e si moriva anche per una banale febbre.
Agnese era la madre di mio nonno Salvatore, contadino pure lui, che era uno dei figli più piccoli ed anche di don Aniello Conte, cappellano dell'ergastolo di Santo Stefano.
Un altro figlio, Benedetto, era commerciante insieme a sua moglie Maria Grazia.
La mia bisnonna si spense nel 1921.
Sarebbe bello sapere qualcosa di lei ma ormai non c'è più nessuno che possa raccontarcelo, l'ultima è stata Maria Conte, la dolce signora d'altri tempi, che aveva un vago ricordo di nonna Agnese.
Era sua nonna, la mamma di suo padre Carlo, che faceva parte dell'Arma dei Carabinieri.
Avendo avuto così tanti figli, Agnese insieme a Placido, sono gli antenati di chissà quante persone...sicuramente in giro per il mondo...non solo a Ponza....


Nonna Agnese



Il mio bisnonno Placido Conte



Due dei loro figli, Concetta e don Aniello Conte



La parte di Ponza chiamata Sopra i Conti...si intravede la casa dove viveva la mia bisnonna

venerdì 23 marzo 2018

Un piccolo lembo di terra nelle isole Ponziane...Gavi

Dove finisce Ponza cioè alla Punta dell'Incenso, separato da un braccio di mare di circa 130 metri, c'è l'isolotto di Gavi.

Plinio chiama questo isolotto "Gavia" per i numerosi nidi di gabbiani che stazionano su quelle rocce, mentre nell'antichità era chiamato anche San Martino.
Il 26 febbraio 1808 l'isolotto di  Gavi viene dato in affitto, per 10 ducati l'anno, al chirurgo militare Don Gabriele Antodaro che secondo il Tricoli "ridusse buona parte a cultura e con non poco profitto; anche utilità ricavata dalla caccia de' volatili e conigli; e bensì interessante miniera di creta, che, grezza e come unica nel regno, si smaltisce alla capitale per essere troppo necessaria alla manifatturazione delle stoviglie".
Tricoli scrive ancora che a Gavi c'erano "tre antiche grotte, cisterna e piccoli residui di fabbriche" e crede di individuare i resti dell'antica "Grance" che avrebbe retto qui l'abate Pietro Spinelli intorno al 1200.
Nel 1825 il sindaco di Ponza concesse Gavi a Don Giuseppe Vitiello, parroco dell'isola, che ne fece proprio  patrimonio sacro.
A Gavi c'è una sola casa, abitata nel periodo estivo, non ci sono spiagge.
C'è una grande grotta chiamata Grottone di Gavi.
Nell'ottobre del 2009 è stato avvistato un esemplare di foca monaca, specie ormai rara nei nostri mari.




L'isolotto di Gavi
(Estate 2017)





La casa sull'isolotto di Gavi
(Foto di Marianna Licari 2012)



Planimetria dell'isolotto di Gavi, redatta nel 1808
(Dal libro "Ponza, Palmarola, Zannone di Giovanni Maria De Rossi)



Il tratto di mare che divide Ponza da Gavi...meraviglioso!!!

mercoledì 21 marzo 2018

Ma è davvero esistito il canale di Palmarola???

Dopo aver letto la pubblicazione di Giuseppe Massari, del 2015, Per la Storia dell'Isola di Ponza "Memoria sulle Isole Ponziane di Dèodat de Dolomieu" 1788 ci sono state molte discussioni su una descrizione.
Giuseppe Massari ha tradotto il Dolomieu che nella parte che riguarda Palmarola scrive che:"Quest'Isola è divisa in due parti, quasi uguali, da uno stretto canale che l'attraversa verso la metà della sua lunghezza, nel quale si passa in barca..."
Tra i ponzesi che hanno frequentato Palmarola già dalla fine del '700 non è giunta nessuna notizia di un canale che dividesse l'isola in due parti tale da creare un passaggio.
Il Massari ha cominciato a cercare per capire qualcosa di più anche perchè nè il Tricoli, nè il Mattei citano mai un canale di Palmarola.
Nel 1822 Paulett Scrope in Notizie sulla Geologia delle Isole di Ponza così scrive:"...la forza distruttrice del vento e del mare tende rapidamente a separare l'isola in due parti quasi uguali. Le opposte insenature presenti al centro della sua lunghezza, La Forcina ed il Porto, sono infatti già collegate da uno stretto canale, praticabile da piccole imbarcazioni, alla cui formazione, comunque, l'arte sembra avere assistito la natura..."
Nel 1835 Giuseppe Vallardi, viaggiatore, scrive così:"...si arriva quindi a Palmarola, accessibile soltanto da un lato, divisa da un canale che si tragitta in barca..."
Nel 1843 Nicola Corcia, storico scrive così:"...le onde del mare agitato che dì per dì la distruggono, vi hanno aperto uno stretto canale che la tramezza verso la metà della sua lunghezza..."
Fin qui quelli che ha descritto il canale...poi più niente
Il Tricoli scrive soltanto: "...nella Forcina presso il Porto si trova un grosso letto che si profonda nel mare, di natura plastica, e scavasi come un fango..."
Allora si è ipotizzato che potesse essere un corso d'acqua superficiale come una forra, la Forcina.
Potrebbe essere che questa forra sia esistita per poco tempo e scomparsa dopo un terremoto o qualche frana provocata dalla furia degli elementi (vento, pioggia, mareggiate).
Le frane sono frequenti, è già successo, l'ultima alla fine di dicembre, quella che ha devastato Cala Fonte a Ponza.
E non solo a Ponza...
E' notizia, di qualche giorno fa, del crollo di un blocco della falesia che sorregge le mura, in opus incertum, della Villa di Nerone ad Anzio. E poi ancora il crollo della parete rocciosa a Punta Borghese a Nettuno, sempre in questi giorni, quindi le frane avvengono in tutti i posti figuriamoci in un luogo così fragile come le isole.
Ma ritorniamo alla forra ...
Giuseppe Massari nel libro L'aporia della Forcina scrive: "Si ritiene che il nome di Forcina sia stato attribuito a Palmarola per la forma a forcella, o alla V che si vede nel profilo dell'isola.
Propongo un'altra possibilità.
Le forre assumono nomi diversi (gole, canyons, gulies, forracine), in base alla loro importanza, alle dimensioni e agli ambienti in cui si trovano.
Le forre di piccole dimensioni, ad esempio quelle che alimentavano i molini ad acqua nelle montagne del Lazio, si chiamavano forracine.
Il nome di Forcina associato alla forra è coerente con la realtà. Può essere attribuito in passato proprio per la presenza a Palmarola di un corso d'acqua con le caratteristiche di una forra."
Non lo sapremo mai...per ora sono solo ipotesi.


L'isola di Palmarola in cui si vede la Forcina
(Foto di Carlo Ponzi)



Il canale descritto da Dolomieu sbucava accanto al Faraglione di San Silverio
(Foto di Rossano Di Loreto)


Il tracciato di Dolomieu mostra la posizione del canale che attraversava l'isola dalla costa orientale (Forcina) alla costa occidentale (Scoglio di San Silverio, il Porto)



La Forcina di Palmarola
(Foto di Marianna Licari 2008)


Una frana a Cala Brigantina, isola di Palmarola, agosto 2017
(h 24 notizie)

Nota:
FORRA-  Profonda gola a pareti verticali, assai ravvicinate, dovuta in genere a una forte erosione regressiva esercitata dal corso d’acqua che vi scorre dentro, e spesso ulteriormente approfondita dal fondersi di un complesso di cavità a forma di marmitta create sul fondo dalla corrente vorticosa

domenica 18 marzo 2018

La tragedia del Corriere di Ponza

Cento anni fa, il 21 marzo 1918, durante la Prima Guerra Mondiale,venne affondata una goletta, Il Corriere di Ponza,colpito da un siluro lanciato da un sottomarino austriaco.
Il Corriere di Ponza, era una goletta di 150 tonnellate dell'armatore Erasmo Vitiello, che trasportava persone e merci tra Ponza e Gaeta..
Prima si chiamava Angelo Raffaele poi venne tramutato in Corriere di Ponza che era il nome di un altro battello non più utilizzabile.
La goletta venne colpita a 6 miglia ad est di Zannone ed il comandante del sottomarino austriaco diede mezzora di  tempo per far mettere in salvo i passeggeri sulle scialuppe.
Ma su quella goletta, forse, c'era troppa gente, si fecero prendere dal panico e  i superstiti raccontarono che una delle scialuppe si capovolse mentre veniva calata in mare.
I soccorsi da Ponza non partirono subito ma dopo 24 ore, il freddo, il buio ed  il mare mosso provocarono la morte di 35 persone. Tra i morti 25 erano militari ponzesi che dovevano tornare al fronte e 10 erano civili. 
I nomi delle vittime di questa tragedia sono incisi sul monumento eretto in piazza Pisacane.
Perse la vita anche Giovanni Calisi, commerciante, marito di Rosalia Conte, sorella di nonno Salvatore.
Una vera tragedia però dimenticata di cui si sa ancora poco...ne ho già scritto in questo blog.


Il porto di Ponza di tanti anni fa



La Ponza di un tempo...in lontananza Zannone



Le case di Ponza porto ed in primo piano un'imbarcazione a vela


Golette nel porto di Ponza



Quante imbarcazioni!!!

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)



La goletta Oloferne...per dare l'idea di una goletta

(Immagine reperita in rete)



A poche miglia dell'isola di Zannone avvenne questa tragedia
(Agosto 2017)

giovedì 15 marzo 2018

Il Bagno Vecchio

Il Bagno Vecchio proprio accanto ai Faraglioni del Calzone Muto, all'isola di Ponza, sembra un approdo naturale.
In questa zona già nell'Ottocento estraevano il tufo per costruire le case in cui tuttora abitiamo. Ad estrarre le pietre erano i coatti che vennero alloggiati in un grottone vicino alla cava, da qui il nome Bagno Vecchio.
Quando venne fatto l'ampliamento della chiesa di San Silverio e Santa Domitilla, nel 1940, le pietre vennero estratte proprio al Bagno Vecchio. Venivano caricate sulle barche, scaricate al porto e portate a spalla dalla popolazione.






Il Bagno Vecchio

(Foto di Rossano Di Loreto, aprile 2015)

domenica 11 marzo 2018

Un antico acquedotto a Ponza

E' notizia di questi giorni che sotto la città di Napoli, a venti metri, è stato ritrovato un tratto  dell'acquedotto del Serino nascosto da duemila anni.
Un'importante opera d'ingegneria idraulica lungo circa 220 metri.
Anche a Ponza c'è l'acquedotto romano che attingeva da una sorgente situata a Le Forna (fontana Tagliamonte) che viene già descritta dal Tricoli nell'Ottocento così: "Sorgente delle Forna- Sulla Cavata di Vitiello, soprapposta alla bianca lava, vi è la crosta tufacea-calcarea stratificata, che assorbendo le acque piovane, le trapela per istillicidio, e sulla detta calcaria è incavata la località per dar campo al suditorio."
Secondo il De Rossi da questo punto, che ora è murato e prosciugato, l'acqua veniva fatta confluire in un cunicolo per poi farla sbucare a Cala Inferno. Qui alimentava una cisterna che è servita a rifornire le imbarcazioni anche in tempi recenti come durante la seconda guerra mondiale.
Però il condotto proseguiva e fino a Santa Maria si vedono le tracce nella roccia.
Il Tricoli scrive ancora: ..."Accumulava ivi in opportuna vasca molt'acqua, per urtare sul formale che poco alto del livello del mare, per cinque miglia, acconsentendo le sinuosità della costiera. Tributava nel suo corso per le abitazioni ove s'imbatteva, senza privarne a quegli situati presso l'attuale porto, in cui termina la traccia"
Probabilmente c'era un sistema di valvole che regolava il flusso dell'acqua avvalorato dal ritrovamento di un epistomio di bronzo nel 1774, conservato nel Museo Nazionale di Napoli.



Cala dell'Acqua qui c'era la Fontana Tagliamonte ed iniziava il percorso dell'Acquedotto

(Foto di Rossano Di Loreto)



Cala dell'Acqua, qui c'era la sorgente che alimentava l'Acquedotto di Ponza

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)



Il condotto antico, largo 60 cm. e di altezza variabile tra m. 1.20 e m. 1.70, rivestito di cocciopesto, si dirigeva poi verso Sud-Est, raggiungendo il versante opposto dell'isola, il località "Cala d'Inferno"
(Carla M. Amici)

(Foto di Rossano Di Loreto)


Tracciato schematico dell'acquedotto dell'isola di Ponza

(Leonardo Lombardi "PONZA impianti idraulici romani")






Qualche immagine dell'Acquedotto del Serino sotto la città di Napoli

(Foto reperite in rete)

Nota:
Il cocciopesto è una malta impermeabile usata come rivestimento di tenuta per strutture idrauliche (cisterne, serbatoi, vasche e condotti) e come rivestimento protettivo di terrazze o ambienti umidi. La malta era realizzata con una miscela di una parte di calce molto fine, due parti di sabbia o pozzolana e una parte di detrito di mattoni o tegole.
(Leonardo Lombardi)

mercoledì 7 marzo 2018

I pescatori ponzesi raccontati da Folco Quilici

Folco Quilici, scomparso da poco, ha amato Ponza ed è citata in diversi libri che ha scritto.
In TIRRENIDE. Gli spazi del maestrale Folco scrive dei pescatori ponzesi, delle loro barche.
Ecco le sue parole: "...Ponza ha avuto le sue trasformazioni e profonde; non ci sono più i pescatori e i marinai dell'isola, conosciuti in tutto il Tirreno per meritata fama di silenzio e capacità.
E mi vengono a mente i nomi delle loro barche, i metodi di pesca alla lampuga, al tonno di passo; e il loro arcaico sistema per raccogliere corallo (sulla costa sarda, ovviamente). Una galleria di scafi, di volti, di battute; e di insegnamenti sussurrati tra i denti (ancor oggi, andando per mare, lì tengo bene a mente perchè un proverbio di pescatore può essere banale, ma al momento giusto la sua saggezza non viene mai smentita)."



Barca da pesca con le reti



Una barca ponzese



Alessio Migliaccio ripara le reti a Sant'Antonio



Un tempo la flotta peschereccia era notevole a Ponza



Barca tirata in secco a Santa Maria


Pescatori ponzesi



Scena di pesca

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)






Barche da pesca a Ponza

(Foto di Marianna Licari, estate 2015)



Il "grande" Folco Quilici a cui, qualche anno fa, è stata conferita la cittadinanza onoraria dell'isola di Ponza
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