lunedì 26 giugno 2017

A lanapèrle

A Ponza così viene chiamata la Pinna nobilis o nacchera che è un mollusco in via d'estinzione ed è quindi una specie protetta.
Ecco cosa scrive a tal proposito il caro Ernesto Prudente: La nacchera è quasi sicuramente, la conchiglia più grossa che abita nelle nostre acque marine. Vive tra le alghe. Facile a notarsi per il movimento di chiusura per la difesa involontaria che effettua quando è investita dal movimento dell'acqua causato dal nuotatore. E' attaccata al fondo da una specie di radice. La conchiglia si usava come soprammobile per arredare gli spigoli delle mura della casa e l'interno veniva usato anche come tela per dipingere. 
Quelle situate a grosse profondità venivano pescate con un sistema particolare. Su una barca a remi, oltre al rematore, vi era anche quello che, con la testa nello specchio, scrutava il fondo marino. Come l'avvistava, faceva fermare la barca e si portava a perpendicolo su di essa. Calava in acqua un cerchio di ferro pesante su cui la corda era stata legata in tre punti della sua circonferenza in modo tale che la  legatura risultasse come un cono o una piramide, vuota all'interno. Intorno al cerchio di ferro, lungo tutta la linea della sua circonferenza, vi era, tenuta da legacci di cotone per imbastire un'altra cimetta. Quando il pescatore posava sul fondo l'anello di ferro, al cui interno era finita la lanaperla, dava alla cordicella una serie di strappi che servivano a stracciare il cotone così che il cappio si stringesse intorno al mollusco. Uno strattone più forte, sempre con la stessa cima che la teneva avvolta, e la si estirpava dal fondo. Bisognava essere attenti nel recupero a tenere la cima sempre tesa. Con un minimo imbando si sarebbe allentato il nodo scorsoio e addio lanaperla. Con l'invenzione delle lenti, della maschera e delle pinne e la crescita del subacqueo. le lanaperla venivano prese con le mani. Ho visto esemplari di un metro.
Dai filamenti che la Pinna nobilis produce per ancorarsi ai fondali marini viene ricavato il bisso, la seta del mare. Ancora oggi, in Sardegna, Chiara Vigo, realizza al suo telaio delle splendide creazioni col bisso.
Chiara Vigo sostiene che il bisso non si può nè vendere nè comprare, non soggiace alle leggi del mercato, perchè è un bene collettivo: si può solo ricevere o regalare.
Si racconta che gli abiti di re Salomone fossero di bisso.










Il bisso, la seta del mare

(Immagini reperite in rete)



Il bisso tinto con la porpora, pigmento naturale ricavato dalla lavorazione del mollusco Murice comune
(foto di Roberto Rossi)

Indossai alla svelta i miei abiti di bisso...
Gli feci sapere che erano intessuti di quei filamenti lucidi e serici che fissano alle rocce le nacchere, specie di conchiglie frequenti intorno al Mediterraneo. Una volta, se ne facevano belle stoffe, calze, guanti essendo quei filamenti nel tempo stesso morbidi e calorosi.

Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari, 1870


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