mercoledì 31 maggio 2017

La via dell'ossidiana

Fin dal Neolitico l'uomo ha frequentato le isole Ponziane questo perchè estraeva e lavorava l'ossidiana.
L'ossidiana è un vetro vulcanico di colore nero che si forma per il raffreddamento immediato della lava ed era utilizzata per preparare lame e utensili.
Questa scoperta è stata fatta da J.Friedlaender, studioso di geologia, nel marzo del 1900 che così scrive: "Alla P.ta del Fieno ho trovato due coltellini lunghi circa tre cm. e molti frammenti di ossidiana, nell'isola di Zannone, fra il convento e la cala del Varo, si trovano molti frammenti di ossidiana, probabilmente trasportata. In ambedue i siti si vedono frammenti di terraglia molto grossolana."
L'ossidiana proveniva da Palmarola in pietre, in ciottoli e veniva lavorata a Zannone per poi essere trasportata al Circeo da dove poi veniva inviata in altre località. Frammenti di ossidiana di Palmarola sono stati rinvenuti nel Sannio, in Umbria. L'ossidiana presenta diversità di colore e da questo si può capire il luogo di provenienza.
Per gli uomini primitivi l'ossidiana aveva un valore inestimabile.
Dell'ossidiana di Palmarola così scrive l'indimenticabile Ernesto Prudente: "Nel tempo in cui l'uomo ha fatto uso della ossidiana di Palmarola l'isola non poteva essere disabitata e non lo era. Troppe concomitanze di cose. il tempo impiegato per raggiungere l'isola, il tempo per la ricerca e per la raccolta, il tempo per il caricamento del minerale, il tempo per il ritorno e soprattutto le condizioni meteomarine, avrebbero reso impossibile, più che difficoltoso e difficile, il rientro al luogo di partenza nello stesso giorno.. Per come sono situate le isole in relazione al Circeo è facile supporre che l'uomo abbia usato la stessa tecnica che oggi usa in montagna per la conquista di una vetta che presenta tante difficoltà: una serie di tappe, onde fissare i campi di trasferimento per sfruttare la conquista del terreno, per rendere più agevole e più facile il cammino del trasferimento per raggiungere il traguardo previsto e prefissato."
Con  l'età del Bronzo e quindi l'utilizzo dei metalli terminò l'era dell'ossidiana.


Isola di Palmarola   qui si trovava l'ossidiana
(Foto di Rossano Di Loreto)



L'ossidiana è un vetro vulcanico dovuto al rapido raffreddamento della lava



L'isola di Zannone dove l'ossidiana veniva lavorata



La Punta del Fieno dove J.Friedlaender, studioso di geologia,scoprì frammenti di ossidiana

domenica 28 maggio 2017

Nascere a Ponza tanto tempo fa...

Oggi non si nasce più a Ponza e le donne, al momento del parto, si trasferiscono sul continente per far nascere i loro bambini in ospedale, con l’assistenza dovuta.
Tanto tempo fa, i bambini nascevano nelle loro case e le donne venivano aiutate dalle ostetriche locali, le mammane.
Io sono nata in una piccola casa sul corso Pisacane e mia madre aveva già due bambini ma con me ebbe dei problemi. Ci fu bisogno, urgentemente, di un medico e venne chiamato il dottor Martinelli che, per fortuna, non abitava lontano riuscendo così a salvare la vita alla mia mamma.
Mio padre, ogni tanto, per prendermi in giro mi diceva, che già alla mia nascita, aveva dovuto pagare trentamila lire, tanto si prese il dottore per il suo intervento.
Per quei tempi era una bella cifra!
Quante mamme di Ponza sono morte di parto ma anche tanti bambini non sono riusciti a sopravvivere ad un parto difficoltoso.
I tempi erano difficili…ora  sono rose e fiori.
Siamo rimasti in pochi ad essere nati a Ponza, d'altra parte è giusto che una donna possa partorire in tutta sicurezza in ospedale.



In questa foto io sono in braccio a mia sorella Olimpia accanto mio fratello Peppino.



In una casa su quella loggia sono nata 
(Estate 2016)



La scalinata che porta alla loggia della casa in cui sono nata


martedì 23 maggio 2017

Il pilota e Ponza

Qualche giorno fa su un inserto della Gazzetta dello Sport c'era un'intervista a Prisca Taruffi che partecipava come pilota alla Mille Miglia.
Prisca è figlia di Piero grande pilota automobilistico e motociclistico ma anche ingegnere. Partecipò alla  Mille Miglia ben 13 volte senza vincere.
Piero Taruffi vinse però nel 1957, sessant'anni fa, e per quella gara si preparò meticolosamente.
Guidava una Ferrari 315 S e lo aiutò la moglie Isabella che nelle prove faceva da navigatrice, una donna che è sempre stata al suo fianco.
Nell'intervista Prisca racconta di suo padre e di quando ha guidato la macchina con cui lui vinse la Mille Miglia...un'emozione grandissima.
Piero Tariffi con la moglie Isabella hanno iniziato a frequentare Ponza nei primi anni '60 e sono stati stregati dalla bellezza dell'isola. Hanno acquistato una casa nel centro storico e non hanno lasciato più Ponza. Amavano fare delle belle nuotate lungo la costa dell'isola e si divertivano a dare nomi alle grotte, agli scogli.
Piero Taruffi un altro forestiero che ha amato Ponza...dai messicani veniva chiamato El Zorro plateado, la volpe argentata.


In alto, accanto alla casa celeste c'è quella rosa di Taruffi
(Foto estate 2016)



Piero Taruffi



Piero Taruffi nel 1957



Piero con la moglie Isabella



Piero e Isabella Taruffi a Ponza...
Ancora oggi è bello fare quattro chiacchiere con la signora Isabella...sempre in gamba

(Immagini reperite in rete)

venerdì 19 maggio 2017

Tra storia e leggenda...

La collina della Madonna un tempo si chiamava La Rotonda, può darsi che abbia preso il nome da questa storia di cui ne scrive il Tricoli, autore ponzese dell'Ottocento.
Ecco cosa scrive:"Racconta Boccaccio nella sesta novella del suo Decamerone che Arrighetto Capece per Manfrè reggeva la Sicilia. Allo scorcio di Febbraio 1266, questi, vinto ed ucciso da Carlo d'Angiò, esso Capece restò cattivo, mentre la moglie Baritola Caracciolo, anche nobile napoletana, coi due figli sopra la barca Liparota cercava rimpatriare, ma i venti la ridussero in Ponza. In ciascun giorno ella sola si recava all'estremo della Collina La Rotonda, per osservare le fasi del tempo, e vi si riconcentrava per orare, e dolersi delle di Lei sventure. Nel quinto dì, essendo in tal pratica, crudele pirato genovese rapiva la barca col personale, e restava sbalordita e straziata da nuovi dolori nel vedersi separata dai cari figli, coi due legni che sboccavano pel faro di Zannone; assopita dal martirio una donzella visionava che l'assicurava della salvezza di quei congiunti. Non perciò si avvicendavano i lugubri e tristi eventi, e fra vane lagrime e sospiri per la sopraggiunta notte, fu necessitata ricoverarsi nella vasta grotta del Commendatore, in dove ebbe occasione familiarizzarsi con una Capriola, collo apprestare lattazione ai due teneri capri, e si avanzò tanto l'amicizia fra esse, che uscivano assieme a pascolare.
Intanto questa nobile donna aveva votato menarvi vita selvaggia, celandosi per più anni agli stessi monaci che stavano nella contrada di S.Maria, ed a quelli che approdavano al Porto; ma il caso volle che vi giunse Corrado dei marchesi Malaspina sul 1280, il quale colla famiglia ritornava dal Santuario di Puglia, ed errando coi suoi cani con sorpresa li vedeva respinti dalla suddetta Grotta. Curioso vi penetrò cacciando per violenza quella inselvatichita regina, nuda, e pelosa, che rispondeva vagamente, e non pertanto sentiva di misterioso. La moglie di Corrado dopo averla fatta vestire, la persuase a lasciare quella solitudine, e vi si arrese a patto di non separarla dalle compagne, per lo chè venne chiamata la Capriola di Ponza. Dopo non molto in Firenze ebbe l'avventurosa opportunità di rivedere i figli, e col marito nel 1282, ritornava a vice regnare nella stessa Trinacria per Pietro D'Aragona.
Questo allietamento non smemorò la Capriola della protezione potente della B.Vergine, facendo nel sito stesso della accennata visione incavare nel masso un Santuario, dedicandolo alla nascita della medesima, che tuttavia si osserva."
Un tempo esisteva un'antica chiesetta scavata nella roccia dedicata alla nascita della Madonna ed era conosciuta come la "Cappella d'a Madunnella".



La Collina della Madonna...oggi c'è il cimitero dell'isola



Il Santuario inciso nel monte...forse somigliava a questa grotta, il sepolcreto Tricoli



Da qui la Capriola di Ponza vide le imbarcazioni che si allontanavano...

Nota:
La grotta del Commendatore, situata sulla collina della Madonna, fa parte del sistema di cisterne romane 

martedì 16 maggio 2017

I ponzesi a Lagosta

Una pagina di Ponza che poco conoscevo è quella dei ponzesi a Lagosta, un'isola della Dalmazia, in Croazia. Ho cercato di documentarmi un pò e ho trovato notizie nel libro Zi' Baldone di Silverio Corvisieri che così scrive: "L'avventura era iniziata nel 1938 quando una decina di famiglie ponzesi aveva accettato l'invito governativo a trasferirsi a Lagosta, nel villaggio fatto costruire due anni prima per creare una "testa di ponte" italiana in un'isola abitata da 3000 slavi. Il trattato italo-jugoslavo, seguito alla prima guerra mondiale, aveva riconosciuto la sovranità italiana sulle due isole (l'altra era Lissa, Vis per gli slavi) più distanti dalla costa jugoslava, il governo fascista, non pago del controllo di due territori abitati da jugoslavi, si avventurò in una politica di denazionalizzazione che avrebbe poi provocato forti risentimenti antitaliani. Gli slavi lagostiani, diventati cittadini italiani, furono costretti a frequentare scuole italiane e a rinunciare alla loro lingua in tutti i contatti con le autorità italiane. Per incentivare l'italianizzazione forzata di Lagosta a metà degli anni Trenta si pensò di creare un insediamento di popolazione italiana facendo sorgere in riva al mare, e ben distante dagli altri centri abitati dell'isola, un villaggio con case, scuole, strade, albergo, uffici pubblici e una fabbrichetta per inscatolare tonno e sardine. Sorse così in mezzo all'ostilità malcelata della popolazione slava, il "Villaggio Pescatori Luigi Razza", dal nome dell'importante gerarca fascista che più di ogni altro aveva patrocinato l'operazione."
Sull'isola di Lagosta inviarono delle famiglie istriane ma non resistettero alle dure condizioni di vita e andarono via. Pensarono allora ad una comunità ponzese visto che già si erano distinti in diverse località del Mediterraneo, come La Galite, per il loro spirito di sacrificio.
Alcune famiglie accettarono...
" Nel 1938, quando i ponzesi arrivarono a Lagosta con le loro barche, le loro nasse e qualche mobile, il villaggio e la fabbrichetta erano già stati collaudati. si trattava di 22 appartamenti in casette a due piani; ogni appartamento consisteva in una stanza, una cucina abitabile, un ripostiglio e un "pozzo nero" come cesso. L'acqua disponibile era quella piovana che dal tetto finiva in una cisterna, un pò come accadeva a Ponza. L'insieme, compresa la nuova chiesetta che aveva preso il posto di quella del '400, era piuttosto bruttino, con una certa somiglianza con le "borgate rapidissime" costruite dal regime nelle vicinanze di Roma e fatte conoscere a molti dai film di Pier Paolo Pasolini. In compenso il mare pullulava di pesce e soprattutto di aragoste. Gli slavi avevano costruito il loro paese in cima alla collina più alta, nascondendolo al mare, quasi a ribadire la loro vocazione agricola, in effetti, per loro la pesca era una attività secondaria, sussidiaria, e per giunta praticata con attrezzature arcaiche. Nella fabbrichetta adiacente il villaggio "ponzese", trovarono lavoro soprattutto le donne. La paga era molto modesta ma utile a integrare i guadagni dei mariti.
L'isola, coperta di boschi e ricca d'insenature, apparve ai nuovi coloni molto diversa da Ponza, e tuttavia bella; i suoi spazi e le sue potenzialità economiche (Lagosta, tra l'altro, era un porto franco) lasciavano intravedere promettenti prospettive di sviluppo."
A rovinare tutto ci pensò la guerra ...
"La situazione precipitò nelle ore successive all'armistizio dell'8 settembre. Gli aerei tedeschi presero a sorvolare e bombardarono Lagosta per "punire" gli italiani; i partigiani slavi fecero sapere ai ponzesi che era ora di andar via. Per quattro giorni i ponzesi si nascosero nei boschi e dormirono sotto le stelle; poi il giorno 13, accorsero in massa verso la nave militare italiana che era venuta per portarli via insieme agli ultimi soldati."
Tornarono a Ponza dove trovarono una situazione a dir poco drammatica.
Anche questa è una pagina di storia di Ponza...


















Immagini di Lagosta, in croato Lastovo, reperite in rete


Nota:
Ovviamente i Ponzesi avevano con loro la statuina di San Silverio...
 A tal proposito monsignor Luigi Dies nel libro Da Frosinone a Ponza... scrive: "...Profuga da Lagosta, al termine dell'ultima guerra, la colonia dei nostri pescatori ponzesi giunse, un triste giorno, a Ponza, povera e immiserita. Una donna, capogruppo dei fuggiaschi, recava tra le braccia, piangendo, la statuina di San Silverio, che gli Iugoslavi comunisti avevano frantumata. E quei pezzi della statuina cara dovettero passare dalle braccia di lei nelle mani del parroco: solo allora quei perseguitati furono tranquilli."

domenica 14 maggio 2017

Carta di Ponza del 1816



Così scrive Vincenzo Bonifacio nel suo libro Pontio L'isola di Pilato a proposito di questa carta:" Tra le più belle carte del secolo XIX è la Riconoscenza topografica e militare dell'isola di Ponza colle fortificazioni nello stato che si trovano all'epoca del 31 ott. 1816, mm 290 x 520. Si tratta di una rappresentazione a china ed acquerello attribuita al tenente del genio  Michele Andreini. La carta, sebbene ispirata ai canoni della scuola dell'Officio topografico Napoletano soffre di imperfezioni dovute ad insufficienti rilievi geodetici: colpisce soprattutto il disegno del "Monte Guardia" ridotto ad una sottile lingua di terra che circonda il porto, nella baia di Chiaia di Luna è trascurata la forma caratteristica della profonda insenatura, la porzione centrale dell'isola è, invece, più estesa del reale, del pari esagerato è il rilievo della Piana di Le Forna.
Nonostante tali palesi errori, l'aspetto della carta è piacevole e si comprende come sia stato notevole l'impegno di riprodurre i particolari urbanistici ed i rilievi collinari. La loro presenza dà risalto alla caratteristica ondulare e movimentata del paesaggio insulare. Con tale carta compare per la prima volta un rilievo completo, non solo degli elementi architettonici maggiori, come le strutture portuali, ma anche delle costruzioni minori tra le quali sono differenziate le abitazioni ipogee (colorate in nero) da quelle in muratura (colorate in rosso). E' interessante notare come, intorno ad alcuni simboli che indicano le case ipogee, sono tracciate delle linee che delimitano spazi chiusi: l'intenzione dell'autore sembra essere quella di rappresentare dei complessi abitativi ipogei o alcune cisterne romane. Due simbologie di questo tipo alludono certamente alle planimetrie della "Cisterna del Commendatore" sulla collina della Madonna e della "Cisterna di Ponzio Pilato) che qui è denominata Bagno Grande (con riferimento al'uso di prigione); altre simili tipologie illustrative potrebbero indicare la "Cisterna della Dragonara" (erroneamente localizzata in una zona più vicino al Porto) ed altri invasi sulla collina di "Sant'Antonio" e di "Santa Maria". I singoli nuclei delle abitazioni, se si escludono le zone più popolose intorno al porto, sono molto isolati, sparsi su di un vasto territorio e tipici di un'architettura rurale spontanea. L'abitato di Le Forna, che esprime in maniera incisiva questo genere di insediamenti, si svipuppa in modo autonomo rispetto al porto di Ponza; il centro ideale è costituito dall'unica costruzione adibita ad uso civico: la Chiesa dell'Assunta.


La foto è tratta dal libro " Pontio, l'isola di Pilato" di Vincenzo Bonifacio

Nota:
Il Nicola Vitiello che troviamo citato in questa carta era un mio antenato, era il nonno della mia bisnonna Agnese Vitiello. Credo abitasse o avesse delle proprietà sopra i Conti o Tre Venti...almeno stando a questa carta.
Bagno Grande (Cisterna di Via Parata detta così perchè ospitava i reclusi detta anche Cisterna del Serraglio)
Bagno dei Forzati (Bagno vecchio perchè c'era una cava da cui i forzati estraevano il tufo per costruire le abitazioni)

mercoledì 10 maggio 2017

Una foto di Ponza in una mostra a Roma

E' proprio vero in rete a volte abbiamo delle vere sorprese...
Oggi mia figlia ha trovato questa foto...
Si riconoscono alcune persone ponzesi


La festa della Madonna della Civita, Ponza, 1974

Questa foto fa parte della mostra a Roma Le città in bianco e nero di Italo Insolera, urbanista, storico, autore di "Roma moderna".
Italo Insolera è stato fotografo prima per lavoro poi per passione.
La mostra è dal 12 maggio al 9 luglio 2017 al Museo di Roma in Trastevere

martedì 9 maggio 2017

Le malelingue

Ci sono delle vere sartorie dove si taglia, si cuce e si ricama pure...dove non sfugge nulla...
Potremmo chiamarle pure dogane...
Questo accade soprattutto nei piccoli centri dove ci si conosce un po' tutti e si sa vita, morte e miracoli.
Ma perchè fai questo...ma no è meglio fare così...no non sono d'accordo...è sbagliato...
Una o più malafèrcule riescono a creare dei veri e propri ngiùce.
Quante ngiucèsse!!!
A questo proposito ecco un proverbio tratto dal libro "Ancora proverbi di Ponza" di Ernesto Prudente

Ddòje fèmmene e na papere arruvutajene nu paèse

(Due donne e una papera misero sottosopra un paese)
Mette in risalto il pettegolare ed il ciarlare caratteristico delle donne


















Isola di Ponza
(Estate 2016)

Nota:
Ngiùce vuol dire pettegolezzo, intrigo.
Malafèrcule vuol dire malalingua, maldicente
Ngiucèsse vuol dire pettegola

(Dal libro A nzèrte glossario ponzese di Ernesto Prudente)

venerdì 5 maggio 2017

La Parata

Un paesaggio da cartolina che chissà se riusciremo ancora a vedere...forse solo dal mare...ma non è la stessa cosa...
Il muretto è transennato da anni...e la spiaggia è chiusa dal settembre 2009.
I pescatori, un tempo, si affacciavano per vedere il mare e decidere poi se uscire a pesca...quindi un punto nevralgico per la loro attività...
In questo momento i gabbiani la fanno da padroni...volano indisturbati e fanno sosta su Pizzo Papero...si godono la tranquillità...
Questo angolo di Ponza si chiama Parata dal termine "apparata" perchè i ponzesi mettevano delle reti per catturare le quaglie nel periodo migratorio.
Erano tempi di fame e miseria...la carne scarseggiava e i volatili erano cibo prezioso.












Una giornata con il mare mosso...ecco la Parata 
(agosto 2016)





martedì 2 maggio 2017

Viaggiatori del '700 all'isola di Ponza

Verso la fine del '700 diversi naturalisti visitarono l'isola di Ponza tra cui Sir William Hamilton, ambasciatore inglese, presso la Corte di Napoli.
Durante la sua ricerca geologica ravvisò in Ponza "lo scheletro di un antico sistema vulcanico".
Hamilton durante il suo viaggio a Ponza raccolse rocce ma anche reperti archeologici e fece fare dei disegni...
Eccone uno...



Sicuramente il disegno è stato fatto nei pressi delle Grotte Di Pilato...notiamo lo scoglio della Ravia e le Grotte Azzurre...


Incuriosito da Hamilton, nel marzo 1786, arrivò a Ponza anche il francese Deodat de Dolomieu che trova l'isola di notevole importanza dal punto di vista geologico e naturalistico perchè non c'è una sola sua parte che non presenti un qualche fenomeno interessante.
Dolomieu osservò affascinato il nucleo abitativo che circonda il porto scrivendo così: "Ponza d'altronde ha un assai buon porto, racchiuso da un molo difeso lui stesso da una seconda gettata; i diversi edifici che circondano questo porto, che servono d'alloggio agli Ufficiali dell'amministrazione e alla guarnigione, sono graziosi ed hanno un effetto pittoresco."


Le case che circondano il porto di Ponza oggi...ai tempi in cui giunse il Dolomieu erano poche ed erano bianche non colorate come ora

Dopo Hamilton e Dolomieu giunse a Ponza anche l'abate Fortis, padovano, naturalista, che girò Ponza in lungo e in largo, ed incantato scrive: "E' indescrivibile l'effetto che produce sull'animo il ritrovarsi in una piccola feluca tra quelle rupi elette a piombo, continue l'una sull'altra, grigie o nere di colore, spoglie quasi affatto di qualunque indizio di vegetazione, e minaccianti da ogni parte sfaciamento e rovina. L'azzurro celeste cupo dell'acqua limpidissima sino al fondo; il fremito delle onde che percuotono il fianco di quelle scogliere esposte al mare; l'angustia dello spazio occupato da canali, e impenetrabili per quasi tutta la giornata ai raggi del sole; la freschezza, l'inabitabilità muta e pacifica del luogo, promuovono una sorta di melanconia così seria e tranquilla, così grandiosa, che mi sembrava colà trovandomi, di essere piuttoso passato ad una nuova esistenza, che a una modificazione della mia abituale."
Queste le impressioni dell'abate Fortis che mentre è tutto preso dal raccogliere rocce da studiare non può fare a meno di contemplare il paesaggio.
Il fascino di Ponza colpì anche i viaggiatori del '700...

Ecco qualche foto...saranno anche queste rupi o questi faraglioni che sono state contemplate dall'abate Fortis???



Chiaia di Luna



La Parata



Faraglioni della Madonna



Faraglioni del Calzone Muto



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