martedì 31 maggio 2016

L'antico mestiere del maestro d'ascia

Quello del maestro d'ascia è un mestiere antico, si tramanda di padre in figlio, che però sta scomparendo.
A Ponza ne sono rimasti pochi...
Nel tempo ci sono stati Paolo Laddomada, poi Giggino Parisi, Porzio, Serto.
Paolo Laddomada mi sembra che avesse il cantiere a Giancos, non ne sono certa, mentre gli altri erano sulla spiaggia di Santa Maria. 
Mio padre, Ciro Iacono, costruiva barche,  lanze, in un locale abbascio  Mamozio. Per far uscire le barche dalla porta che era stretta doveva abbatterle sul fianco.
Ecco una bella descrizione di Paolo Iannuccelli del mestiere del maestro d'ascia:  "….È dai tempi più antichi che l’attività delle costruzioni delle navi è stata considerata al tempo stesso arte e scienza; dal progetto del costruttore fino agli studi pratici dei maestri d’ascia che coltivano l’arte della tecnologia tutto è preordinato. Non esiste una disciplina provvista di basi così sicure ed invariabili, e al tempo stesso, non c’è mai stata una nave uguale all’altra. I maestri d’ascia, in quanto artigiani, si occupano sia del progetto che della realizzazione del manufatto. Aiutati dalle antiche esperienze e seguendo la tradizione e l’istinto, costruiscono i loro scafi con risultati tuttora apprezzati dal moderno costruttore navale. Nei cantieri artigianali il gozzo viene costruito “a occhio”, con il solo aiuto dell’esperienza e della pratica acquisita attraverso le generazioni. Il modello cresce nelle mani e nella testa dell’esecutore come se fosse una scultura, ricavando da un blocco di legno la forma desiderata. Ogni famiglia di costruttori predilige sostanzialmente una tipologia di forme ben definita ritenendola più adatta e inizia la vera e propria costruzione della barca..."


Tratto dal libro di Paolo Iannuccelli “Ponzamare”, Ed. Associazione Culturale Pontina, 2006

Nota: I cantieri navali sulla spiaggia di Santa Maria sono rimasti ed i maestri d'ascia sono i figli di Parisi, Porzio e Serto. Qualche anno fa ho visitato il cantiere Parisi e ne ho scritto in questo blog. 
Ecco il link qui.


Mio padre, Ciro Iacono, uno dei maestri d'ascia dell'isola di Ponza.


Il varo di un'imbarcazione sulla spiaggia di Santa Maria



Cantieri navali sulla spiaggia di Santa Maria



Imbarcazioni ai Cantieri navali di Santa Maria

venerdì 27 maggio 2016

Ponza tra Passato e Presente (quattordicesima parte)

Ospito sul mio blog un post di mia figlia, Marianna Licari, appassionata di fotografia

Per la prima parte del progetto clicca  qui e qui per le altre foto.
Il progetto è in condivisione con il blog L'angolo di via Parata di Marianna Licari.


Un comizio sotto al Municipio

Vista sulla Chiesa

Uno sguardo su Sant'Antonio

mercoledì 25 maggio 2016

La Cisterna di Via Parata o del Bagno all'isola di Ponza

Dopo la Cisterna della Dragonara presto potremo ammirare anche la Cisterna del Comandante il cui recupero sta procedendo e di questo ne sono veramente contenta.
Questa Cisterna, situata in pieno centro storico, è stata dimenticata per molto tempo, se ne era persa la memoria ed era ingombra di immondizia.
Un sito archeologico a cui tengo molto, di cui ho scritto tanto in altri post (qui e qui), è la grande Cisterna di Via Parata, anticamente chiamata anche Palazzo di Pilato, che è posizionata proprio dietro casa mia. Sicuramente era collegata attraverso un condotto con quella del Comandante che è sottostante.
Non ci sono mai entrata e non la conosco se non attraverso le foto, le mappe o i racconti di persone che si rifugiavano in caso di allarme aereo durante la seconda guerra mondiale.
Mio nonno, Salvatore Conte, contadino di sopra i Conti, aveva una concessione grazie alla quale nella Cisterna di Via Parata poteva preparare il concime per i suoi terreni a base di alghe con l'aiuto dei coatti. Questo a dimostrare i molteplici usi nel corso dei secoli...
Oggi praticamente è impossibile entrarci...addirittura ci sono costruzioni abusive all'interno....
Ma possibile che non interessi a nessuno recuperarla???
Eppure è raccontata in molti libri.......
Tanto per citarne qualcuno......
Il Tricoli nella Monografia per le isole del Gruppo Ponziano, del 1855, così descrive la Cisterna di Via Parata o del Bagno:
"Sono due grotte incavate l'una sopra l'altra nel masso del colle, di palmi 300 lunga, e 200 larga ognuna, le volte sostenute da piloni sovrapposti ai primi, formano ciascuna di esse otto spaziose navate; è magnifico il cavamento, avendo la volta di mezzo massiccia non più di palmi 15.
La inferiore anticamente per tradizione, come ci dice ancora Pacichelli, era chiamata grotta di Pilato. Ora i due terzi sono ridotti a prigione con quattro fori nella volta."
Così scrive Giovanni Maria De Rossi in "Ponza, Palmarola, Zannone" :
"Nella grande cisterna, ubicata oggi in via Parata, fu ricavato l'alloggio per i forzati, con la creazione ed il ripristino delle antiche prese di luce e aria, al fine di rendere meno disagevole il soggiorno.
Nella pianta di Winspeare si dice espressamente "quartiere per i forzati coi suoi lucernaj". 
A quanto pare la storia di Ponza passa pure da lì.....
I trecento di Pisacane erano rinchiusi in quel Bagno penale.
Per quanto riguarda le cattive condizioni in cui versano le Cisterne di Ponza scrive così Carla M. Amici  nel libro "Le isole Pontine attraverso i tempi":
"Attualmente la maggior parte delle cisterne è in cattivo stato di conservazione per i cedimenti della roccia; alcune inoltre, in mancanza di precisi vincoli archeologici, vengono utilizzate come scarico di immondizie o adatte a abitazione murandone le aperture e approfondendone i vani praticabili."
Ma come si fa a distruggere delle opere così imponenti solo in virtù di allargare qualche camera o costruirsi un bagno in nome del dio denaro???
La Cisterna di Via Parata è paragonabile per imponenza alla Piscina Mirabilis di Bacoli o al Cisternone di Formia.


Nella parte meridionale dell'isola sono molte le cisterne scavate dai Romani pare siano una trentina



La piantina della Cisterna di Via Parata
 In giallo i pozzi di luce e di presa d'acqua; in marrone le strutture moderne, elevate per ricavare vani abitabili a ridosso della cisterna; in verde le murature antiche di rinforzo, messe in opera in periodi differenti. (Dal libro "Le isole Pontine attraverso i tempi")



Cisterna in via Parata. Pozzo di luce verticale. In evidenza le pedarole di servizio per la manutenzione.



Cisterna di via Parata. Lato sud-est. Particolare del restauro in opera laterizia.



Cisterna in via Parata. Lato nord- ovest. Fodera in opera reticolata, visibile il rivestimento in cocciopesto.
(Le foto sono tratte dal libro "Le isole Pontine attraverso i tempi")



In questa piantina si vede bene il" quartiere dei rilegati con i suoi lucernaj"

lunedì 23 maggio 2016

La pesca subacquea

Nel tempo Ponza ha avuto dei pescatori subacquei che ancora ricordiamo per la loro bravura, per le loro capacità, come Silverio Zecca, Mimì Dies e Gavino.
Come i ponzesi si sono perfezionati in questo tipo di pesca lo racconta Ernesto Prudente nei suoi libri.
Ecco cosa scrive: "Era l'estate del 1936. In un caldo pomeriggio di fine luglio sbarcarono a Ponza due giapponesi. Erano due giovani funzionari dell'ambasciata nipponica a Roma. Vennero ricevuti, allo sbarco. dal commissario di P.S. a cui erano stati raccomandati. Trovarono alloggio presso una famiglia e consumarono i pasti nella trattoria "Zi Capozzi", l'unico ristoro dell'isola.
Tutti i pomeriggi, al ritorno dal bagno, portavano nella trattoria un buon numero di saraghi e ombrine. Sceglievano quelli da mandare, in regalo, al commissario e quelli che volevano mangiare la sera e il restante lo regalavano alla zia Capozzi che, quando non aveva clienti, lo distribuiva ai notabili del paese.
Il perpetuarsi di favolose pescate incuriosì molto la signora Antonietta che, non vedendo nei due gentiluomini dei pescatori, nè tantomeno erano dotati di attrezzi da pesca, incominciò a porre domande su come pescassero tutto quel pesce.
I due giapponesi, con la loro caratteristica cadenza linguistica, che faceva tanto ridere la trattora, fecero capire che si dilettavano nella pesca sott'acqua.
La cosa era talmente nuova, in un paese di pescatori, che spinse la zia Capozzi a parlarne con Aristide Baglio che, a sua volta, ne parlò con Luigi Murolo suo costante e assiduo compagno di pesca alle occhiate con i nattelli e con la traino.
Il giorno dopo, Aristide e Luigino seguirono, come poliziotti, i due giapponesi.
Li precedettero a Chiaia di Luna dove, per non destare sospetti, si misero ad armeggiare intorno alla loro barca che tenevano a secco in una grotta.
La loro attenzione era, però, soltanto ai due giapponesi.
Li videro stendere gli asciugamani su cui posarono gli indumenti. Notarono che trassero un qualcosa dalla borsa che avvitarono, così sembrava dai movimenti, ad una estremità di due bastoni. La loro meraviglia fu enorme quando li videro mettersi un paio di occhialini, non prima di averli sciacquati a mare. Intorno alla vita si legarono una cordicella. 
Con gli occhialini e con il bastone, tenuto dalla destra, su tuffarono prendendo la via del Fieno.
Aristide e Luigi manifestarono mille pensieri su quell'armamentario. Il più costante fu quello di attenderli all'arrivo.
Cosa che fecero, seguendoli sempre con lo sguardo.
Attesero diverse ore.
Quando li videro ritornare prima che toccassero la  riva posero, volutamente, sul bagnasciuga davanti agli asciugamani stesi.
Qui dovevano venire.
Quando emersero, ognuno di loro aveva all'incirca, una dozzina di pesci infilati nella cordicella.
Essendo a stretto contatto, salutarono e giù una serie di domande in cui i giapponesi diedero ampie risposte. 
Del bastone, che in fondo era fiocina, si resero perfettamente conto di come era fatto e del suo peso approssimativo.
La loro curiosità maggiore era rivolta agli occhiali che provarono e riprovarono.
Aderivano perfettamente nell'orbita ed erano di una sostanza simile all'ambra.
Contenti per la loro scoperta presero la via del ritorno portandosi a casa buona parte del pescato, loro offerta.
Il giorno dopo e quelli seguenti furono per loro un travaglio continuo perchè volevano equipaggiarsi come quei due."
Con mezzi di fortuna riuscirono a riprodurre occhialini e fiocina...
"...Era nata così, con Aristide e Luigino, la prima attrezzatura subacquea italiana che diede anche buoni risultati.
Diversi giovani di Ponza si diedero a copiare le lenti di Aristide e Luigino: Adalgiso Coppa, Ninotto Mazzella, Alberto Migliaccio,Giannino Mazzella.
Essi le usarono soprattutto per raccogliere patelle e cozze pelose.
Quando uscirono i primi fucili (il Saetta e poi il Cernia), per essi, essendo già esperti sommozzatori, fu facile diventare ottimi pescatori subacquei.
A loro seguirono Silverio Zecca, Mimì Dies, Gavino, le cui imprese leggendarie fanno parte della storia della pesca subacquea in apnea, scrivendo pagine memorabili"

Nota:
Secondo il Corvisieri i giapponesi erano tre: Tukumori Agaraje, suo fratello Soghi e suo zio Tazuo Agaraje, dell'isola di Okinawa, la principale delle Rjukju. In questa isola c'erano delle scuole dove si imparava la tecnica per diventare sakanaciuki cioè "infilzatori di pesce".









Il grande pescatore subacqueo Silverio Zecca con le sue prede che come possiamo vedere dalle foto sono di grossa taglia

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

giovedì 19 maggio 2016

La marineria ponzese nei primi anni del Novecento

Oggi nel porto di Ponza ci sono perlopiù imbarcazioni ai fini turistici mentre da pesca ne sono rimaste pochissime, sopravvissute alla grande flotta che ha fatto conoscere i pescatori ponzesi in tutto il Mediterraneo.
Secondo Giulio Vitiello in "Ponza brevis insula...brevis historia", le imbarcazioni di proprietà dei ponzesi tra il 1901 e il 1939 erano tante e ne traccia un quadro rilevante. Molte erano adibite al trasporto di aragoste che rifornivano i mercati di Genova, Marsiglia, Barcellona.
Ecco cosa scrive Ernesto Prudente in "Cronaca di cose ponziane": "Il bastimento vivaio, "mbrucchièlle", non è una creatura ponzese, nè italiana. E' spagnola.
Raffaele Vitiello fu il primo ponzese a trasferirsi in Sardegna per la pesca delle aragoste e fu il primo a portare le sue aragoste a Marsiglia, dove esisteva un mercato che richiedeva una maggiore quantità di aragoste rispetto alle altre città."
"...Le aragoste venivano sistemate in cesti e coperte da un telo di juta che veniva continuamente bagnato. Solo così le aragoste riuscivano a sopravvivere per qualche giorno fuori dall'acqua.
Arrivati a Marsiglia le aragoste venivano immesse in vasche contenenti acqua marina.
La mortalità, durante il viaggio, era davvero rilevante.
Le aragoste a Marsiglia arrivavano anche dalla Spagna con lo stesso sistema.
Un bel giorno, però, il Vitiello notò che da una barca spagnola, ancorata in rada, venivano scaricate aragoste prelevate direttamente dalla stiva del bastimento. Scattò subito l'allarme nel suo cervello ma non gli fu possibile ispezionare il bastimento.
Quando tornò a Ponza, per fine pesca, parlò della faccenda ai suoi tre fratelli li entusiasmò in modo tale che decisero di comprare un bastimento per adibirlo al trasporto delle aragoste vive.
Si recarono a Livorno dove comprarono la "Ida", una barca a vela della lunghezza di 22 metri. La portarono a Torre del Greco dove c'erano i migliori carpentieri campani a cui esposero le loro idee e quelli modificarono l'interno del bastimento con una serie di paratie e forarono la carena per l'ingresso dell'acqua.
Sotto coperta, per tutta la lunghezza della nave, vennero incastrate e legate, alle strutture del natante, una serie di botti vuote per consentirne la galleggiabilità.
A maggio la barca fu messa in acqua e portata in Sardegna dove caricò le aragoste e fece vela su Marsiglia.
Il viaggio fu un disastro. Per poco non ci lasciarono anche la pelle.
La barca non reggeva in alcun modo il mare. Le aragoste, per lo sbatacchiare, morirono tutte."
Bisognava in tutti i modi scoprire il segreto di quella barca spagnola...
"...Erasmo Vitiello, fratello di Raffaele e capitano della "Ida", aveva conosciuto nel porto di Marsiglia il capitano del veliero spagnolo adibito al trasporto delle aragoste vive. Incominciò a raggirarlo e a circuirlo facendogli fare giornalmente il giro delle bettole nei bassifondi di Marsiglia con sonore bevute di mistral.
Dai oggi e dai domani arrivò anche il giorno in cui il capitano spagnuolo lo invitò a bordo della sua nave a bere un buon Cardinal Mendoza.
Era quello che aspettava.
Si fece accompagnare da mastro Gennaro, un carpentiere torrese che lavorava in quel porto, a cui aveva confidato le sue intenzioni.
Presero una lancia e si avviarono verso il battello spagnolo ancorato in rada.
Una volta a bordo, il Vitiello scese sotto coperta con il capitano dove cercò di intrattenerlo il più a lungo possibile per dar modo a mastro Gennaro di vedere com'era fatta l'interno di quella barca.
Mastro Gennaro aveva tolto una tavola del boccaporto ed era sceso nella stiva dove, oltre ad adocchiare, prese anche delle misure con il metro che si era portato dietro.
Ad un certo punto il capitano spagnuolo fece un salto in coperta a chiamare Gennaro per offrirgli da bere.
Lo vide uscire dalla stiva mentre si infilava il metro in tasca. Capì tutto e andò su tutte le furie. La sua reazione con il capitano Vitiello fu veemente. Alla fine questi riuscì a rabbonirlo spiegandogli in quali condizioni era caduta la sua famiglia per l'avventurarsi in questa impresa.
Lo spagnolo pretese un giuramento sulla non divulgazione di quanto visto perchè sarebbe stata in pericolo la sua vita.
Il ritorno a Torre del Greco della "Ida" fu immediato. Il veliero venne tirato a secco e subito cominciarono i lavori di modifica, sulla scorta di quanto avevano visto a Marsiglia.
Finiti i lavori il bastimento venne messo in mare ma risultò leggermente appruato, cosa che gli è rimasto per tutta la vita, nonostante una zavorra di massi a poppa.
Era nato così il primo bastimento-vivaio, la prima "mbrucchièlle" della marineria ponzese."
Negli anni trenta Ponza aveva l'unica marineria italiana adibita al trasporto dei crostacei.


Velieri nel porto di Ponza nei primi anni del Novecento



Una tipica imbarcazione nel mare di Ponza



Velieri nel porto di Ponza...mio nonno Peppino Iacono ha navigato a vela per moltissimi anni



Imbarcazioni al molo



Un veliero

(Le foto provengono dall'Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)

martedì 17 maggio 2016

Ponza tra Passato e Presente (tredicesima parte)

Ospito sul mio blog un post di mia figlia, Marianna Licari, appassionata di fotografia

Per la prima parte del progetto clicca  qui e qui per le altre foto.
Il progetto è in condivisione con il blog L'angolo di via Parata di Marianna Licari.

Fruttivendolo ambulante a Sant'Antonio

La chiesa del cimitero

Foto di gruppo al molo

giovedì 12 maggio 2016

Un antico acquedotto

I Romani erano dei veri geni nel campo dell'ingegneria idraulica.
Hanno realizzato magnifiche cisterne per la raccolta dell'acqua come la Piscina Mirabilis a Bacoli o il Cisternone a Formia.
Anche a Ponza hanno realizzato cisterne come quella della Dragonara visitabile o quella del Comandante che si sta recuperando. Purtroppo altre versano in cattive condizioni, con costruzioni abusive all'interno (Cisterna di Via Parata) oppure la Grotta del Serpente il cui ingresso, un piccolo pezzo di terra, è interdetto perchè pare sia di un privato che chissà cosa pensa di ricavarci invece di metterlo a disposizione della comunità.
Sul recupero delle Cisterne di Ponza ho già scritto più volte in questo blog.
Questa volta però voglio scrivere dell'acquedotto...
Qualche tempo fa ho letto che a San Felice Circeo hanno approvato un progetto per recuperare l'acquedotto romano che è proprio sotto il centro storico della cittadina.
Anche a Ponza c'è l'acquedotto romano che attingeva da una sorgente situata a Le Forna (fontana Tagliamonte) che viene già descritta dal Tricoli nell'Ottocento così: "Sorgente delle Forna- Sulla Cavata di Vitiello, soprapposta alla bianca lava, vi è la crosta tufacea-calcarea stratificata, che assorbendo le acque piovane, le trapela per istillicidio, e sulla detta calcaria è incavata la località per dar campo al suditorio."
Secondo il De Rossi da questo punto, che ora è murato e prosciugato, l'acqua veniva fatta confluire in un cunicolo per poi farla sbucare a Cala Inferno. Qui alimentava una cisterna che è servita a rifornire le imbarcazioni anche in tempi recenti come durante la seconda guerra mondiale.
Però il condotto proseguiva e fino a Santa Maria si vedono le tracce nella roccia.
Il Tricoli scrive ancora: ..."Accumulava ivi in opportuna vasca molt'acqua, per urtare sul formale che poco alto del livello del mare, per cinque miglia, acconsentendo le sinuosità della costiera. Tributava nel suo corso per le abitazioni ove s'imbatteva, senza privarne a quegli situati presso l'attuale porto, in cui termina la traccia"
Probabilmente c'era un sistema di valvole che regolava il flusso dell'acqua avvalorato dal ritrovamento di un epistomio di bronzo nel 1774, conservato nel Museo Nazionale di Napoli.
Carla M.Amici nel libro "Le isole Pontine attraverso i tempi" ipotizza anche che l'acqua raccolta nelle cisterne potesse rinforzare la portata dell'acquedotto.
Quanti tesori ha la nostra isola...
Ponza non è solo mare...come qualcuno vuole farci credere...


Cisterna della Dragonara



Cisterna del Comandante


Piantina della Cisterna di Via Parata realizzata da Giovanni D'Alessio nel 1770
(Dal libro di Ernesto Prudente "Biografia di un paese")



Grotta del Serpente



Questo è l'ingresso della Grotta del Serpente che ho fotografato durante la scorsa estate...le piante sono cresciute di nuovo dopo che dei volontari avevano ripulito tutto. Chissà cosa pensa di guadagnarci il tizio invece di mettere il pezzo di terreno a disposizione della comunità isolana. 



Cala Inferno in un disegno del Mattei del 1847, la cisterna dove le imbarcazioni si rifornivano d'acqua


Le Forna. In questa parte dell'isola c'era la sorgente dell'acquedotto

martedì 10 maggio 2016

Ponza tra Passato e Presente (dodicesima parte)

Ospito sul mio blog un post di mia figlia, Marianna Licari, appassionata di fotografia

Per la prima parte del progetto clicca  qui e qui per le altre foto.
Il progetto è in condivisione con il blog L'angolo di via Parata di Marianna Licari.



U fucarazzo a Sant'Antonio

Vista sul Corso

Vista su Sant'Antonio

venerdì 6 maggio 2016

Fra Diavolo, un brigante...a Ponza

Abbiamo spesso sentito il nome di Fra Diavolo, alias Michele Pezza, un brigante originario di Itri, vissuto tra la fine del  1770 ed i primi anni del 1800.
Ebbene la sua storia sfiora anche la nostra Ponza...
Di questo personaggio ci racconta l'indimenticabile Ernesto Prudente nel libro Miscellanea che ha fatto delle ricerche su Fra Diavolo.
Ecco cosa scrive: " Fra i  tanti e vari personaggi che nel corso dei millenni hanno messo piede a Ponza c'è anche Michele Pezza, nato a Itri e morto a Napoli, comunemente noto con il nomignolo di Fra Diavolo. Un diavolo vestito da frate come indica il soprannome che, sempre suggerito da elementi di concretezza, rispecchia maggiormente le particolarità e le attitudini dell'individuo a cui viene affibbiato. Ci troviamo, quindi, di fronte ad uno spirito potente dedito ora al bene e ora al male."
...Fra Diavolo, non fu altro che un guerrigliero. Fu il caposcuola della guerriglia.
Questo termine è stato coniato in Spagna nel 1808 quando bande di irregolari attaccavano il nemico, che, guarda caso era proprio Napoleone, con azioni di sorpresa, con imboscate, con attentati e sabotaggi. Azioni che venivano effettuate in zone montane, boscose e impervie, particolarmente adatte allo spostamento di piccole formazioni."
...Per sette anni, 1798-1806, egli cercò in tutti i modi di ostacolare l'avanzata dell'esercito francese.
Lo odiava sia perchè era un invasore, e lo aveva ampiamente dimostrato, e sia perchè i francesi gli avevano massacrato il vecchio padre. Odiava questi invasori a tal punto da non prendere mai in considerazione le vantaggiose offerte, ripetutamente fattegli, l'ultima il giorno prima di essere impiccato, di tradire il suo re. 
Quel suo modo di combattere (scendeva dai monti, nel buio della notte, e penetrava nei paesi occupati dai francesi per saccheggiarli) e le sue apparizioni e le sue scomparse improvvise da un luogo all'altro, tanto da sembrare nu munacielle, eccitavano la fantasia popolare creandogli proseliti. Spesso camuffandosi da eremita, trovava asilo finanche nei monasteri femminili dove l'ospitalità delle suore era totale."
..."Fra Diavolo mise piede a Ponza nel febbraio  del 1806 sia per organizzare bande armate da trasferire poi sul continente per aiutare la resistenza di Gaeta e sia per effettuare attacchi di sorpresa lungo le coste rivierasche.
Il trasferimento in terraferma di questi contingenti avvenne in più riprese il che fa ritenere che il Pezza si fosse fermato a Ponza per un periodo non breve anche perchè reclutò volontari pure a Ventotene e a Santo Stefano.
Nelle isole ponziane affluirono, da ogni dove,  tutti coloro che riuscivano a scampare al passaggio dello straniero.
A marzo di quell'anno Fra Diavolo compie un raid in continente per sostenere gli assediati di Gaeta.
L'azione coraggiosa di Fra Diavolo suscitò nella popolazione isolana un tale e tanto entusiasmo che un certo Antonio Albano, soprannominato Gazzettiello, armò con alcuni amici una goletta e fece  una incursione a Sperlonga dove riuscì ad incendiare un grosso deposito di fascine che i francesi avevano approntate per incendiare la città di Gaeta e provocare la resa degli assediati."
..."Durante il suo soggiorno a Ponza Fra Diavolo, per l'esperienza acquisita, fa nascere, nel marzo 1806, il corpo dei "Cacciatori del mare", l'antesignano dei Marine americani e degli incursori della marina italiana, formato da 150 uomini che "vestivano a loro rispettivo costume", ben addestrati e sempre pronti ad effettuare incursioni sul litorale continentale. Essi alloggiavano a Le Forna, in due grossi padiglioni scavati nella roccia. Al comando di questo gruppo mise il nipote Domenico Pezza, cresciuto alla sua scuola, che dimostrava coraggio e determinazione nonostante la giovanissima età."
..."L'opera e le azioni di Fra Diavolo furono ritenute talmente meritorie che alla sua morte, avvenuta per impiccagione a Napoli l'11.11.1806 quando re di Napoli era Giuseppe Bonaparte.  Ferdinando di Borbone, ritornato sul trono di Napoli, assegnò alla vedova un vitalizio di cento ducati mensili."
Anche questa pagina fa parte della storia di Ponza.






I "Cacciatori del mare" alloggiavano a Le Forna

(Archivio fotografico di Giovanni Pacifico)



Fra Diavolo









Le Forna



Ponza Porto



Santa Maria



L'isola di Ponza

(Foto di Rossano Di Loreto)

mercoledì 4 maggio 2016

Ponza tra Passato e Presente (undicesima parte)

Ospito sul mio blog un post di mia figlia, Marianna Licari, appassionata di fotografia

Per la prima parte del progetto clicca  qui e qui per le altre foto.
Il progetto è in condivisione con il blog L'angolo di via Parata di Marianna Licari.

Idrovolante nel porto

Uno sguardo dalla banchina del porto

Donne dietro la Chiesa
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