domenica 29 giugno 2014

La batteria di fuochi in onore di San Silverio

La batteria di fuochi, dal rumore assordante, che si spara durante la processione di San Silverio ha un significato che ci riporta indietro nel tempo, al 1757.
Nel maggio 1757 dodici galere cristiane ebbero uno scontro durissimo con le galeotte dei corsari barbareschi nelle acque di Palmarola.
A terra, intanto, i pochi abitanti di Ponza si raccolsero in preghiera, invocarono San Silverio perchè avevano paura di essere assaliti e deportati dai corsari.
Però vinsero, stranamente, le navi cristiane e per i ponzesi quello fu un miracolo di San Silverio che con il suo braccio li aveva guidati.
Il mese dopo, il 20 giugno, le galere che avevano vinto sui corsari si radunarono nel porto di Ponza, innalzarono le bandiere, il gran pavese, con fucili e cannoni spararono in onore di San Silverio.
Da quel 20 giugno 1757, i ponzesi  sparano 'a batteria 'i San Silverio per ricordare quella battaglia nelle acque di Palmarola.



San Silverio nella barchetta piena di garofani rossi



San Silverio in processione





La batteria di fuochi durante la processione di San Silverio

giovedì 26 giugno 2014

Cala Inferno...un approdo antico

Un tempo, fino agli anni 50, Le Forna era collegata con Ponza porto soprattutto via mare. Sia la merce che i passeggeri venivano caricati su delle barche a remi che partivano dallo scalo di Punta Bianca e facevano la spola con Cala Inferno, distante due miglia. Erano soprattutto le donne a portare pesanti carichi sulle spalle, su e giù per la scalinata di trecentocinquanta scalini.
Gli antesignani degli odierni barcaioli erano Palle 'e Cannone ( palla di cannone), Cuncetta 'a Tiramole, Bombs  ma anche Pacchiarotte.
La scala di Cala Inferno venne fatta costruire dai Borboni proprio per agevolare i collegamenti con l'altro nucleo abitativo che arrivò, a Ponza, nel 1772, proveniente da Torre del Greco, e si stabilì nella parte settentrionale dell'isola, Le Forna.
Il Tricoli così scrive: "A comunicare con l'altro abitato, si tracciò la comoda strada, mentre per via di mare in circa due miglia, si intagliò la scalinata spaziosa a Caladinferno di 350 scaloni a partire da quella sorgiva per montare sul colle".
Il Mattei si recò nella zona di Le Forna nell'aprile del 1847, era incuriosito dal nome Cala Inferno, perchè si chiamasse così, ma alla fine capì e scrive: "A mò di antemurale fa difesa alla Cala che si dice dell'Inferno una costiera che chiude un piccolo seno di mare con poca spiaggia sabbiosa, sparsa di pomici, e di sostanze bruciate. Rupi gigantesche scendono a picco nel mare,frastagliate e rosicchiate nelle creste che si estollono ardimentose nell'aria come i merli di un gotico castello del medio evo. Esse si colorano di u bruno rosso- giallo arsiccio. Nel fianco della rupe, di prospetto al mare è condotta a scalpello una scala di ben dugento logori ed affannosi scalini, la quale giunta a metà, procede come modellata tra orridi macigni, e si addentra fra irte e precipitose masse, si che diresti non per altro sentiero il pietoso Enea fosse disceso all'Inferno. Da queste chiare apparenze stabilita la certezza di una violenta crisi Vulcanica in quell'ignivoma contrada, qual meraviglia se si diede la denominazione di Cala d'Inferno...



Cala Inferno in un disegno del Mattei, aprile 1847

Purtroppo la scalinata non è più accessibile perchè c'è stato qualche movimento franoso ed è un vero peccato se pensiamo alla fatica di quelli che l'hanno costruita.
Proprio a Cala Inferno, un tempo, le navi in transito nel Mar Tirreno venivano a rifornirsi di acqua sorgiva, c'era una fontanella che zampillava ma anche un deposito dell'acquedotto, realizzato dai romani..
Ora succede il contrario...le navi cisterna proprio a Cala Inferno scaricano l'acqua per la zona di Le Forna.
Com'è cambiato il mondo...


Panorama da sopra Cala Inferno...si vede il porto di Ponza



La scalinata...



Le rocce dalle forme strane di Cala Inferno...sembrano funghi...



La nave cisterna che sta scaricando l'acqua per Le Forna

martedì 24 giugno 2014

L'archeologo Amedeo Maiuri a Ponza...

L'archeologo Amedeo Maiuri scoprì Ponza verso la metà degli anni venti e restò incantato dalle bellezze dell'isola. Scoprì anche il grande patrimonio archeologico di Ponza e pubblicò la "Ricognizione archeologica nell'isola di Ponza", un saggio sul Bollettino d'Arte del Ministero della Pubblica Istruzione.
Nell'ottobre del 1926 visitò a Ponza le cisterne romane, la necropoli dei Guarini, i resti di ville imperiali, il tunnel di Chiaia di Luna che erano conservati abbastanza bene ma che avrebbero avuto bisogno di più cura.
Il Maiuri scrisse così di Ponza: "...pochi luoghi conservano come questa piccola isola sperduta nella vastità del Tirreno, altrettanto nitido e luminoso nella natura e nelle cose il colore e l'ambiente, dell'antica civiltà mediterranea. Nella linea del paesaggio o selvaggiamente rupestre o serenamente addolcito dalla coltura dei bassi vigneti, nella forma dell'abitato a gruppi di piccole case bianche assiepate intorno alla rada ed agli approdi o disseminati sulle colline al riparo di un ciglio di roccia o d'una siepe di fichi d'India, o rozzamente incavate nella stessa rupe come abitazioni primitive di predoni in agguato, sembra per chi vi giunga dal mare e la percorra sulle inerpicate vie mulattiere, come in'isola dello Ionio o del lontano Egeo (...). L'isola con i suoi spechi ombrosi, con le sue grotte fantasticamente tappezzate di rocce policrome o paurosamente orride, con gli scogli a forme strane e mostruose eruttati dalle ignivome profondità marine doveva necessariamente richiamare qui, meglio che altrove, il favoloso viaggio di Ulisse e l'incantata dimora di Circe".
Purtroppo questo grande patrimonio archeologico resta sulla carta.....non è stato recuperato.....versa in cattive condizioni...
Questo è il tesoro di Ponza...peccato che nessuno ci creda...




Ponza- panorama del porto



Le case del porto


Il passaggio tra i Faraglioni della Madonna



Gli scogli dalle forme strane...'u Casecavallo



Il porto di Ponza...metà degli anni venti...

sabato 21 giugno 2014

La pioggia delle rose rosse

Qualche giorno fa leggevo che al Pantheon, a Roma, il giorno di Pentecoste c'è la pioggia delle rose rosse.
Dall'ampia apertura circolare della cupola, i vigili del fuoco lasciano cadere, all'interno del Pantheon, migliaia di petali di rose rosse.
E' un antico rito religioso che risale al Medio Evo, simboleggia la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, sotto forma di fiammelle rappresentate dai petali.
Questa cosa mi ha fatto ritornare in mente che anche nella nostra chiesa di Ponza, perlomeno ai tempi di Monsignor Dies, il giorno di Pentecoste si lanciavano i petali di rose all'inizio della messa.
Io ho questo ricordo......chissà se questo avviene ancora....non lo so....


La pioggia di rose rosse al Pantheon



I petali cadono lentamente.......



La chiesa di Ponza

venerdì 20 giugno 2014

Oggi è San Silverio!

Il gran giorno è arrivato.......oggi è San Silverio!
Noi ponzesi siamo tutti sull'isola....chi fisicamente...chi solo col pensiero....il nostro cuore è là con il nostro Santo patrono.
Ognuno rivolge a San Silverio la sua preghiera.....
Non c'è ponzese al mondo che nei momenti di difficoltà non abbia invocato San Silverio.


La statua di San Silverio posizionata sull'altare maggiore della chiesa di Ponza porto



Resterà sull'altare maggiore fino al 20 luglio
(foto di Giovanni Pacifico)

martedì 17 giugno 2014

La processione di San Silverio a Ponza....nel tempo

Tra poco è San Silverio e l'isola si prepara per il gran giorno, il 20 giugno.
Il momento più toccante è la processione del Santo, posto in una barchetta piena di garofani rossi, che si snoda per le strade dell'isola e percorre Corso Pisacane, Sant'Antonio fino a Giancos, ritorna poi per le Banchine. Al molo la barchetta con il Santo viene imbarcata su un peschereccio per la benedizione in mare.
Ma un tempo la processione passava per la Parata, per Sopra la Punta, scendeva dagli Scarpellini, raggiungeva Corso Pisacane, arrivava poi a Sant'Antonio. Questo fino al 1955 perchè poi ci fu un crollo della rupe proprio sotto il ristorante EEA e la strada rimase chiusa per molti anni.
Questo percorso viene già citato dal Tricoli nella Monografia del 1855.
A proposito della festa del Santo patrono il Tricoli scrive così: "Il giorno 20 giugno poi dopo l'evangelo si bussolano i quattro maritaggi ed i giovani rivaleggiano in prezzolare il pallio, lo stendardo, e la statua a portarsi da quattro di essi sugli omeri. Mentre il convoglio gira per il cennato abitato presso il porto vi canta inni, la musica tocca, il popolo ripete: "Gran Santo protettore- Silverio venerato-Il popolo adunato-A te s'inchina-Se ascoso il tuo bel viso-A nostra ria sciagura-Non toglie la premura-al nostro affetto-Scolpiti nel tuo petto-Ci par veder noi tutti-Goder i dolci frutti-Delle tue pene-Quanto da Dio ci viene-L'abbiamo a tue preghiere-dalle celeste sfere- A noi tu pensi, ecc...."
Sul frattempo dai stipiti del campanile i bronzi suonano a ritocco, da molti punti i moschetti, ma i paranzelli, barche, e lance pavesate mantengono un fuoco continuo di fucileria, o di botte lavorate".
Questo quello che succedeva nell'ottocento......
Un pò di foto della processione di anni fa anche per recuperare la memoria storica.....tanti volti conosciuti ma anche persone che non ci sono più.....


La processione è nella zona di Sant'Antonio


San Silverio è fuori la chiesa che è stata appena ampliata....la barca è quella precedente (credo ora sia ad Arbatax)



Qui si vede la barchetta piena di garofani



Siamo su Corso Pisacane...in primo piano mio nonno Peppino Iacono



San Silverio sulla vecchia barca...



Il Santo è appena uscito dalla chiesa....qui si vedono anche i colori



Anche qui è fuori la chiesa...si vede con il vestito chiaro ed i capelli bianchi mio padre Ciro Iacono



La processione è arrivata al molo Musco



Quante persone non ci sono più.......Ciro, Silvano, Maurino e tanti altri......



La barchetta con San Silverio è sul peschereccio per la benedizione in mare...si vede anche mio padre Ciro Iacono...il signore con i capelli bianchi 


sabato 14 giugno 2014

Racconto su San Silverio... a Palmarola

Questa storia me la raccontava spesso Maria Conte, la dolce signora d'altri tempi, che ci ha lasciato l'anno scorso, io l'ho ritrovata sul libro di Ernesto Prudente "San Silverio patrono dei ponzesi"
Ernesto scrive praticamente il racconto di una certa Emilia che inizia così: "Chiste è u paése ì San Silvérie. Nà vòta ù Viècchie se facève vedé spìsse. A'nne vìste pùre ì furastiére. Durànte a uèrre, a Parmaròle, ce stévene ì surdàte. E're maletiémpe à chiù ì na semmàne. I vòzze nùn putévene venì. I surdàte avévene fernùte a rròbbe ì mangià. Tenévene sùle quàcche gallétte. Sagliévene e scennévene, a còppe i Vrìcce, pé vedé se u vùzze arrevàve.
Na matìne, nù surdàte i chìlle, mentre sagliéve, tùtte avvelùte, ncuntràie nu viécchie, cu na madònne i bàrbe, che le decétte. Giovane, la barca arriverà nel pomeriggio. E u surdàte, parlànne n'àte léngue, respunnètte. Cu stù màre?
U Viécchie, mettènnece nà màne ncòppe a spàlle decètte: Non ti preoccupare, calmerà. Avvisa i compagni.
U surdàte turnàie d'inte a casermétte e raccuntàie tùtte a i cumpàgne. 
U iuòrne, Ddie sùle sàpe còmme, u vùzze arrevàie.
Quase tùtte i surdàte scennèttene abbàsce a marìne pe piglià a rròbbe.
Une i chìlle se facètte nu fiàsche i vìne ùna teràte.
Dòppe ièttere truvànne u Viècchie ca c'ère dàte a bbòne nòve, ce vulèvene dà ddòie gallètte.
Geràiene pe tùtte i pòste, pe tùtte i ròtte, ma u Viécchie nùn ù truvàiene. Nu juòrne, nu mése doppe, trasètte int'a ròtte i Lucrèzie che u invitàje a vévere nu bicchiére i vine e vedètte nfàcce u mure u ritratte i S.Silverio.
Menaje nu strille. Mamma mje, alluccaje- chille è u viécchje ca me decètte c'a varche arrivave chille juòrne a Palmarola.
A' fàtte sèmpe accùssì. se fà vedé quànne t'àdda parlà, ma quànne u cìrche nùn u truòve."
In breve, i soldati non avevano più cibo, le barche non arrivavano a Palmarola da più di una settimana perchè era cattivo tempo ed il mare era agitato.. Andavano a turno su e giù da sopra i Vricci per vedere se la barca arrivava.
Un soldato, una mattina, incontrò un vecchio che gli disse che la barca sarebbe arrivata nel pomeriggio.
In effetti la barca arrivò come aveva detto il vecchio. Dopo aver scaricato i viveri dalla barca, andarono a cercare il vecchio per dargli qualche galletta ma non lo trovarono. Dopo più di un mese, il soldato entrando in una grotta, trovò attaccata ad un muro l'immagine del vecchio, era San Silverio, e strillò per lo stupore.
San Silverio si fa vedere se deve parlare con qualcuno ma se lo cerchi non lo trovi, così dice la signora che ha raccontato questa storia ad Ernesto.


Palmarola...lo scoglio dove c'è la cappellina dedicata a San Silverio



Palmarola vista dall'alto



L'immagine di San Silverio

giovedì 12 giugno 2014

L'uocchie sicche

A Ponza ma anche in Campania c'è un detto che recita così: "L'uocchie sicche so' peggio d'i scuppettate"(il malocchio è peggio dei colpi di fucili).
Ma cos'è "l'uocchie sicche?"
E' una superstizione?
Lo spiega bene Luigi Sandolo in "Su e giù per Ponza"che scrive così: L'uocchie sicche, il malocchio, in italiano, lo possedeva l'individuo che guardando negli occhi esercitava un influsso malefico. Come rimedio preventivo si usavano l'abbetielle, che era una immagine di santo cucita in una pezza di stoffa appesa al collo, ed amuleti di tutte le specie quali cammei e cornetti di corallo.
Per proteggere la famiglia dal malocchio si inchiodavano dietro le porte ferri di cavallo già usati e di preferenza quelli rotti ritenuti più efficaci.
Quando le cose non andavano bene o la salute non era buona si chiedeva a chi sapeva fare l'esorcismo di allontanare il malocchio.
Questa creduta virtù si tramandava di padre in figlio e ne erano esclusi i maghi.
Il guaritore dal malocchio obbligava a chiedere il favore in nome di Dio. Egli dopo aver recitato una preghiera incomprensibile faceva cadere in una tazza piena d'acqua tre gocce d'olio. Se si squagliavano l'uocchie sicche era scomparso altrimenti occorreva ripetere il sortilegio nei giorni successivi."
Mariette a Gaitane detta anche Mariette i Scassascoglio (soprannome del marito) era una guaritrice del malocchio. Abitava in Banchina Di Fazio ed alcuni ancora la ricordano, la porta era sempre aperta a chi cercava il suo aiuto. Io la ricordo vagamente.....
Mariette dopo aver tolto il sortilegio finiva dicendo: "Vai tranquillo con il nome di Dio".
Ed ancora: "Girate la faccia quando buttate l'acqua".
Anche le superstizioni fanno parte della storia di un paese.......che ci si creda o no.....


Ponza porto....



Ancora non c'era la Banchina Nuova.....Mariette a Gaitane abitava alla Banchina Di Fazio



Una tazza con l'acqua.....


Tre gocce d'olio.....
sparirà l'uocchie sicche???

martedì 10 giugno 2014

Cartoline da Ponza

Qualche foto che ci arriva dall'isola....


L'alba di giugno...nel porto c'è la motonave Carloforte



Un gabbiano vola nel cielo rosato dell'alba



Le luci della sera
(Le foto sono di Rossano Di Loreto)



Il porto di Ponza di sera



Corso Carlo Pisacane con la veduta del porto



Corso Carlo Pisacane



Una sera di giugno......che bei colori!!!
(Le foto sono di Carlo Ponzi)

domenica 8 giugno 2014

Ricordo della maestra Giovanna

Oggi Ponza ha perso una delle figure più amate, che appartengono alla storia dell'isola, una delle maestre che ha forgiato intere generazioni di ponzesi, Giovanna Di Fazio.
La maestra Giovanna oltre ad essere una bella donna aveva un'eleganza innata, sempre sorridente, ha svolto il suo lavoro di insegnante con passione ed amore.
Personalmente ho un bel ricordo di lei anche se non è stata la mia insegnante perchè era nella classe parallela alla mia, formata dai maschietti.
Ricordo bene il giorno in cui, ero in seconda elementare, e lei sostituiva, momentaneamente, la mia maestra Iole, ci spiegò l'uso corretto dei verbi ausiliari essere ed avere.Spiegò così bene il concetto che da quel momento non ho più fatto un errore.
Mancherà molto alla nostra isola una persona di questo calibro che fino all'ultimo istante ha mostrato tanta dignità come è stata la sua vita.
Buon viaggio signora Giovanna........


venerdì 6 giugno 2014

San Silverio...in Bolivia

Giugno è il mese in cui, a Ponza, festeggiamo il nostro Santo patrono, San Silverio.
Nel libro di Ernesto Prudente "Penna vagabonda" ho trovato una curiosità...
In Bolivia, nel cuore delle Ande, c'è un paese che si chiama San Silverio, ha una popolazione di circa quattrocento persone che sono dediti alla pastorizia ed all'allevamento.
Ernesto ha fatto le sue ricerche circa l'origine del nome e così scrive: "Il suo nome, San Silverio, è scaturito da un fatto che ha del soprannaturale: nella seconda metà del milleottocento un signore dall'aspetto energico e risoluto attraversò questa comunità per altri luoghi. Si fermò soltanto per poco tempo e durante la sosta venne a sapere che un bambino era affetto da una terribile malattia che, giorno dopo giorno, lo trascinava alla morte. Non si vedevano vie d'uscita. Era in un vicolo cieco.
La disperazione dei genitori era altissima. 
L'intera comunità partecipava a quella tragedia come se quel figlio fosse di ognuno di loro.
Non vi erano medici, nè nel paese, nè nelle comunità circostanti e il bimbo malato veniva curato con le indicazioni di uno pseudo stregone. Nessun passo verso la guarigione era visibile. Il bambino andava, giorno per giorno, da male in peggio, avvicinandosi, giorno dopo giorno, allo spegnimento. Rifiutava il cibo e passava intere notti in uno stato di totale assopimento.
Il forestiero, venuto a conoscenza del fatto, perchè era sulla bocca di tutti, tutti ne parlavano, chiese di poter vedere il malato.
Una volta portato al suo cospetto lo trovò steso su un pagliericcio, emaciato e smunto e con gli occhi chiusi. Non aveva più la forza di tenerli aperti. Gli si avvicinò e gli pose, amorevolmente, una mano sulla fronte. Il bambino, come venne toccato, aprì gli occhi, guardò e sorrise, cosa che non faceva da tanti e tanti giorni.
Gli astanti, parenti e amici rimasero sbalorditi.
Lo straniero, nell'imboccare la porta per uscire da quella casa, rivolgendosi a tutti, disse: "Non abbiate timore, guarirà". E così fu!
La mamma, dopo aver guardato negli occhi il suo bambino, lo seguì, cercando di raggiungerlo, e dalla soglia, mentre lui imboccava un sentiero che portava ad un'altra comunità, con voce rotta dal pianto e con le lacrime che le inondavano il viso, gli chiese:
"Chi sei' Come ti chiami?
Silverio, fu la risposta, senza voltarsi".



La statua di San Silverio in processione a Ponza tanti anni fa....in primo piano si vede mio padre Ciro Iacono



Questa foto è ancora più antica....San Silverio lo portavano in processione su un trono



Ancora San Silverio a Ponza....

mercoledì 4 giugno 2014

Il latte

D'estate molti vengono a trascorrere le vacanze a Ponza, affascinati dallo splendido mare dell'isola e da panorami mozzafiato ma non tutti sanno che questo, un tempo, era un luogo di relegazione.
Durante il periodo fascista furono confinati a Ponza personaggi illustri, contrari al regime, come Sandro Pertini, Giorgio Amendola, Mario Magri, Gianbattista Canepa, Cencio Baldazzi, Antonio Camporese ...e tanti altri...l'elenco sarebbe veramente lungo.
Ma come ha vissuto l'isolano questa condizione?
Pare non bene...anche i ponzesi non si potevano muovere liberamente...
Ernesto Prudente nel libro "Cronaca di cose ponziane" con l'episodio del latte ci dà l'idea di come si vivesse a Ponza.
Ecco cosa scrive Ernesto: "Una volta quasi tutte le famiglie che abitavano al di fuori della parte centrale del paese allevavano gli ovini. In maggior parte erano capre perchè producevano un maggior quantitativo  di latte rispetto alle pecore che si allevavano soprattutto per la lana.
Quel latte quasi sempre serviva per le esigenze della famiglia. Chi allevava molti animali lo vendeva come lo vendevano le due uniche famiglie che allevavano ovini.
Si cercavano i clienti prima che l'animale figliasse.
Erano le famiglie più agiate a prenotarsi. Si prenotava anche chi aveva necessità di latte per ragioni di salute.
Grande o piccolo, uomo o donna che fosse il lattaio girava di primo mattino per le strade del paese per fornire chi ne aveva fatto richiesta.
Quando pioveva si copriva con un sacco di juta a mo' di cappuccio di monaco."
Scrive ancora: "In generale l'offerta era sempre inferiore alla richiesta specialmente durante il periodo del confino politico, quando l'isola aveva una popolazione stabile intorno ai seimila abitanti.
Anche sui lattai pesava il rigore del regime fascista.
Arcangelo scendeva tutte le mattine da sopra Giancos per distribuire il latte delle sue vacche. Era conosciuto ma soprattutto era noto per una forma di poliomielite che gli aveva atrofizzato una gamba e lo costringeva a zoppicare.
Molto spesso all'uscita del grottone di Giancos, dov'era posto il limite di confino, s'imbatteva in un milite di guardia, uno di quelli che ci tenevano a far pesare il valore della loro divisa (e quanti ce n'erano), che gli diceva: "Arcangelo, i documenti".
Chiamarlo per nome significava che lo conoscesse e, come se ciò non bastasse, Arcangelo presentava nella carenza fisica, una identità netta e precisa che non permetteva sbaglio di persona.
Quante volte Arcangelo è stato costretto a ritornare a casa e munirsi di un documento di identità.
Anche questo fa parte di quel prezzo che Ponza fu costretta a pagare al fascismo."



L'uscita del tunnel di Giancos...dov'era il limite di confino...



Giancos vista dal tunnel...





Il porto e la spiaggia di Sant'Antonio
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